Il Circolo della Caccia fu fondato il primo ottobre 1888 a Bologna da un gruppo di persone appassionate di caccia e cultrici della cinegetica, ovvero l'arte di impiegare i cani nella caccia.
Nel periodo a cavallo tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, il Circolo ha avuto numerosi relativamente frequenti cambi di sede, fino al 26 marzo 1927 quando si trasferisce nella sua sede attuale, il palazzo che fu dei principi Spada, in via Castiglione n. 25.
Il Circolo della Caccia conserva tuttora intatto il suo prestigio: sono cambiati alcuni presidenti, è cambiata Bologna, sono cambiati i costumi, ma i suoi saloni vivono ancora di grandi personaggi e della storia di oggi. Il Circolo della Caccia continua ad essere un importante punto di incontro di ospiti illustri, con le sue sale cariche di atmosfera, le sue pareti affrescate, i suoi angoli riservati.
Un questa pagina potete leggere alcuni dei passaggi più salienti della storia del Circolo della Caccia dal 1888 ad oggi.
l° ottobre 1888: inizia il Cammino
Sul finire dell'Ottocento il caffè è a Bologna una vera e propria istituzione: difficile sfuggirne al richiamo, impossibile non sostare «una mezz'ora in quelle sale calde, bene illuminate, rumorose per il cosiddetto taute Balagne, il quale si sentirebbe mancare qualche cosa se non vi facesse la sua comparsa, in specie fra le sette e le otto, dopo l'orario di cena».
Il caffè è il luogo dove circola la vita letteraria e politica della città, dove il pettegolezzo è di casa: ognuno ha il proprio pubblico di frequentatori, la propria storia. Il caffè è anche il luogo nel quale nascono i sodalizi più esclusivi e che in qualche caso assurgono a notorietà cittadina.
È nelle sale impregnate di tabacco e dell'odore pungente dei liquori almeno quanto di chiacchierii vari e sconclusionati della birreria Beletti fuori porta D'Azeglio - un'elegante palazzina sul viale, certo uno dei ritrovi più rinomati della città - che un gruppo di persone costituisce la società dei Cacciatori bolognesi. Tuttavia le pratiche per fissarvi la sede hanno esito vano per cui si vedono costretti a cercare altrove. Ottengono in concessione le sale superiori al Caffè dei Servi posto in via Mazzini n. 39.
L'Esposizione Emiliana
1888: la città invita ai Giardini Margherita, dove sono raccolti gli edifici principali, l'Italia e le offre la "sua" esposizione nei campi dell'industria, dell'agricoltura, della musica. A San Michele in Bosco Enrico Panzacchi ha allestito una mostra delle belle arti e all'Archiginnasio viene solennemente celebrato l 'VIII centenario della nascita dell'ateneo.
È l'occasione che la città aspettava per porsi al livello di altre che l 'hanno preceduta; è l'orgoglio di una rivincita nei confronti della storia che le ha sempre negato quel ruolo di grande centro fieristico che avrebbe meritato per le sue rinomate industrie - basti, per tutte, pensare a quella della seta. è anche la consapevolezza di aver mancato di iniziativa racchiudendosi per secoli nel bozzolo di un lavoro intenso e valido quanto limitato territorialmente. Forse per quella paciosità che è tipica del mondo petroniano. Bologna è anche Bologna la dotta: ed è festa dell'università e di quei primi fremiti, primaverili come fu l'epoca in cui venne inaugurata l'esposizione, che le riconoscono già un ruolo importante in ciò che è tecnologia e sarà futuro. Le celebrazioni dell'VIII centenario sono tuttavia anche l'occasione attesa dal direttore de Il Resto del Carlino, l'avvocato ferrarese Amilcare Zamorani, per imporre il quotidiano bolognese alla ribalta nazionale. Il richiamo è suadente e il successo, a ben vedere, non mancherà.
La prima adunanza
Il 14 novembre 1888 si tiene la prima adunanza dei soci nei locali affittati per 75 lire al mese dal signor Leopoldo Gambelli e l'assemblea generale vota il primo statuto della società Circolo della Caccia di Bologna. Sono 48 articoli, divisi in 8 titoli, che regolano l'organizzazione della società, l'amministrazione, l'ammissione e che definiscono i compiti della presidenza, dell'economo-tesoriere, del segretario, dei consiglieri, dell'assemblea generale.«La società intitolata Circolo della Caccia di Bologna è fondata allo scopo di occuparsi di quanto concerne gl'interessi della caccia nella provincia di Bologna e di procurare ai propri soci un'utile e gradevole riunione» (art. l).
Circoli privati e caffè svolgono un ruolo di primo piano nella vita della Bologna ottocentesca. Sono i luoghi canonizzati nei quali i diversi ceti si isolano per celebrare i loro riti mondani e culturali: ogni ceto sociale, sia esso benestante o meno, aristocratico o popolano ha il proprio circolo esclusivo nel quale si ritrova e nel quale si identifica. Sul finire dell'Ottocento a Bologna sono attivi molti Circoli.
Il Circolo del Domino, in via Castiglione n. 16, è un ritrovo molto aristocratico e molto esclusivo «allo scopo di utile e gradevole riunione. Rimane assolutamente proibita ogni riunione o discussione organizzata estranea all'indole della società, compresi concerti, balli e atti consimili».
Il Circolo Felsineo o Società Felsinea è al primo piano della palazzina di proprietà degli eredi Loup in piazza Calderini n. 4. è frequentato da una certa borghesia conservatrice. Alfredo Testoni nel libro Bologna che scompare asserisce che è il luogo nel quale «si fanno e si disfanno i deputati e i consiglieri comunali». Secondo Giulio Padovani è il quartier generale dei gros -bonnets dell'imperante partito moderato. Nel 1898 il Circolo Felsineo cessa la propria breve esistenza e in una parte dei locali si installa Il Resto del Carlino.
Il Circolo Artistico in palazzo Cataldi, in via Montegrappa n. 1, è invece frequentato da quella che potremmo definire la scapigliatura "casalinga" di fine Ottocento, letterati e musicisti, pittori e scultori. Non a caso rimane celebre nella storia mondana della città la festa dell' 11 marzo 1882. Nel Circolo espongono i loro quadri molti artisti non privi di qualche talento.
Nel 1891 i nuovi tempi sono contrassegnati dalla nascita del Circolo Democratico con sede in via Zamboni n. 9. Intende «aprire un luogo di geniale ritrovo a quanti, avendo fede sicura nel cammino inarrestabilmente fatale del progresso e della democrazia, intendono cogliere il destro per discutere con efficacia le idee, i propositi, le aspirazioni al comune ideale».
A partire dal 1894 i clericali di famiglia nobile possono prendere a frequentare il Circolo degli Scacchi.
Non sono tuttavia solo le classi agiate ed aristocratiche ad avere il proprio esclusivo circolo: anche il popolo crea le proprie società, particolarmente attive nel periodo carnevalesco. I circoli ricreativi nascono invece anche con una finalità sociale, per allontanare il popolo dalle osterie e spesso sono promossi dalle Società di mutuo soccorso.
Vent'anni di società bolognese. 1881-1901
I proprietari terrieri sono ancora il ceto dominante e il fatto che preferiscono non distogliere capitali dall'agricoltura è testimoniato dalle tante imprese di carattere pubblico - gas, servizio tramviario, acquedotto, produzione di energia elettrica (almeno in una fase iniziale) - che vengono finanziate con capitali stranieri pur presentandosi con tutte le caratteristiche della remunerazione sicura. Anche le imprese edilizie - e non sono di poco conto se pensiamo alla ridefinizione dell'urbanistica del centro storico cittadino decretata dal piano regolatore del 1889 con l'allargamento di via Rizzoli e con l'abbattimento delle torri Artenisi e Guidozagni, allo sfruttamento dei terreni della zona di risanamento degli Orti di Garagnani a porta Galliera - non attirano molto. Almeno fino a quando le agitazioni crescenti nella campagna non consigliano una diversa finalizzazione degli investimenti. Comunque sia la vocazione agricola del capitale, appannaggio della vecchia nobiltà ma anche della giovane aristocrazia di derivazione napoleonica e di quella borghesia che aveva potuto trarre enormi benefici dalla speculazione sulla vendita dei beni delle corporazioni religiose, mantiene stabile la composizione sociale evitando in tal modo i grandi conflitti e evitando soprattutto i molti fenomeni che conseguono allo sviluppo rapido dell'industria.
Il 22 dicembre 1888 il marchese Giovanni Salina Amorini rassegna le proprie dimissioni dalla carica di presidente del Circolo per cause non precisate. Viene pertanto convocata un'assemblea generale straordinaria che deve provvedere all'elezione del nuovo presidente. La sera del 29 dicembre, presenti 18 soci su 41 - e quindi legale in base all'art. 39 (l'assemblea di prima chiamata sarà valida con l'intervento di un terzo dei soci. L'assemblea di seconda chiamata sarà valida col numero degli interventi, purché questa abbia luogo otto giorni dopo) - si procede alla votazione dalla quale esce il nome del signor Giuseppe Bonavia che riscuote 17 preferenze.
Nel 1889 i soci del Circolo sono già saliti a 60.
Il primo anno di vita del Circolo
I soci del Circolo della Caccia sono ora distinti, in base agli articoli 5 e 6 dello statuto, in fondatori e aggregati i quali vengono ammessi a frequentare le sale in base all'articolo 13.
Nel suo primo anno di vita il Circolo viene onorato dalla presenza e dalla sottoscrizione di molti nomi illustri del tempo. Le cronache mondane riferiscono di sontuosi balli e di feste ai quali i soci intervengono vestiti col frac rosso dei cacciatori di volpi. Il Circolo ha acquisito, nonostante la giovane età, una fisionomia che non gli è data soltanto «dagli appassionati alla cinegetica (ovvero l'arte di impiegare i cani nella caccia), dai cacciatori e dai tiratori scelti che danno lustro alla città di Bologna in gare nazionali ed internazionali» ma, più in generale, dalla buona borghesia e dalla folta schiera dei professionisti. E insomma un punto di riferimento piacevole la cui fama crea sempre nuovi proseliti e si pone oltre le limitate attrattive ed una silente semplicità petroniana.
Le quote sociali annuali vengono stabilite in 36 lire per ogni socio e la quota di ammissione ammonta a 5 lire per ogni nuova adesione. Al cameriere in servizio viene riconosciuta un'indennità del 2,5% sulle somme incassate e da incassare nel corso dell'anno mentre il suo guadagno mensile è di 30 lire. Nel preventivo di spesa per il periodo 1 ottobre 1889-30 aprile 1890 è contemplata la spesa per il nolo di un bigliardo «in ragione di lire 20 mensili» e quella per le carte da gioco (200 lire).
Il 20 ottobre 1889 viene eletta la nuova presidenza: il conte Antonio Marescalchi riceve 14 preferenze su 21 soci votanti ed è il nuovo presidente; vice presidente è il signor Vito Querzoli. Nella stessa assemblea viene regolarizzata con una scrittura privata la residenza del Circolo «... resta dichiarato come il signor Leopoldo Gambelli, al quale spetta ed appartiene l'infradicendo appartamento, dà ed in affitto concede al signor Bonavia Giuseppe, quale presidente del Circolo della Caccia, che accetta in conduzione un appartamento ammobiliato ad uso Club posto in questa Città nella via Mazzini sopra il Caffè dei servi. Il presente contratto avrà principio il giorno 1 ottobre 1889 e finirà col giorno otto maggio 1890». L'affitto viene stabilito in 75 lire mensili e «sarà pagato in rate mensili posticipate dal Conduttore al domicilio del Locatore o suoi, senza ritardo od accezione alcuna». L'appartamento risulta composto di una entrata, una sala di lettura, una camera da giuoco, un saloncino, servizi. In questi locali il Circolo della Caccia rimane fino ai primi giorni del febbraio 1890 quando si trasferisce temporaneamente nelle sale poste sopra il Caffè dei cacciatori in piazza Ravegnana.
il Caffè dei cacciatori
Questo caffè, uno dei tanti di Bologna ma anche uno dei più " speciali", protende il proprio essere all'esterno sotto il grande porticato che si trova all'ombra delle torri, all'angolo con via Castiglione. Qui si legge poco e si gioca ancora meno; vi si respira un 'aria che non è quella dei caffè più distinti ed esclusivi. Eppure vi fluisce un pubblico vario il cui caleidoscopio sono gli studenti e i professori, gli artisti e i bohèmiens, i politici e i letterati, poi i giornalisti e gli affaristi tutti, impegnati in battute e in riflessioni che corrono di bocca in bocca e rimbalzano sulle pareti del caffè fino a raggiungere quanti, sotto il portico all 'aperto anche nelle stagioni più rigide, parlano di battute di caccia o discutono animatamente del prima e del dopo delle corse di cavalli.
Per provvedere alle spese di impianto e di ammobiliamento della nuova sede, il Circolo mette a disposizione i residui attivi del bilancio ed i contributi sociali. Tuttavia la cifra, così rimediata non è sufficiente e fra i soci viene aperta una sottoscrizione per 50 azioni del valore nominale di 50 lire che verranno rimborsate in tempi successivi.
Come vestiva la Bologna bene di fine '800
Di giorno, per le strade della città si può ammirare qualche professionista che - per segno di distinzione - indossa la redingote o lo stiffelius, l'abito delle occasioni ufficiali. Il frac è invece l'abito classico per le serate di gala o per recarsi a teatro, ai pranzi ufficiali e ai balli. Solitamente all'aperto sul frac viene indossata una mantellina a ruota - quelle più ricercate e preziose sono foderate in seta bianca lavorata - oppure il "pipistrello" munito di pellegrina e maniche. La vita quotidiana di fine secolo vede affermarsi l'uso della "giacchetta" abbottonata in alto con quattro bottoni. Si porta il cappello: quello classico è il cilindro adatto per ogni occasione. Un altro capo di vestiario è la "capparèla". La portano tutti, ricchi e poveri, alti e bassi, grassi e magri. Ciò che fa la differenza non è solo la fattura ma anche il fisico di chi la porta e come la porta. Insomma è elegante solo se ben portata e soprattutto se ben fatta. Nascono salaci ed arguti motti sui malcapitati trovati in fallo:
«La capparèla la par attàc a la crusira d'l 'armèri»
(La capparella sembra appesa alla croce dell'armadio)
«Al porta la capparèla com un imbariègh»
(Porta la capparella come un ubriaco)
«L 'um pèr la ciòza con sòtta i pipién».
(Sembra la chioccia coi pulcini sotto).
L'assortimento più completo è quello della "sgnèra Gigia", moglie di Filippo Vignoli, il sarto che per anni ha avuto il negozio all 'angolo di via Indipendenza con via dei Vetturini (oggi via Ugo Bassi).
Il 16 febbraio 1891 il Circolo della Caccia si trasferisce in un appartamento di proprietà del signor Alessandro Vaccari situato al primo piano dello stabile di via Rizzoli n. 33. «La corrisposta di affitto resta invariabilmente stabilita in lire Milleduecento, 1.200, che il Conduttore pagherà ogni anno al domicilio del Locatore in due rate, e cioè: la prima entro il 14 agosto e la seconda entro il 24 dicembre prossimi e così di seguito».
Il contratto, sottoscritto dal signor Vito Querzoli per il Circolo della Caccia, avrà la durata di cinque anni. L'appartamento è così descritto: «Appartamento al I piano composto di andito d'ingresso, rischiarato da lunettone in legno inverniciato con cristalli; quindi tre camere prospicenti la strada, la prima e la seconda con caminetti in terra cotta con tubi di ferro; indi un gabinetto per bagno con vasca o tina e tavola di marmo, condotti per acqua con rubinetti d'ottone e posteriormente uno stanzino con whater-closh in marmo; poscia un ambiente per dispensa e salotto, quindi la cucina posteriormente alla quale, due camerini, uno per dispensa e l'altro con lavello; poi una camera prospicente il cortiletto del caffè Cacciatori con altra dispensa. In tutti gli ambienti evvi la tubazione del gas e più tre lumiere ad una sol fiamma con cappello opaco e tubo di cristallo e due lumi a forma di lira senza vetro».
I soci crescono di numero e sono figure di assoluto rilievo in ogni campo del sapere e della vita professionale della società bolognese. Il Circolo acquista sempre più considerazione negli ambienti della Bologna bene del tempo e sente sempre più strette le sale della vecchia sede.
Le notti della città
Anche sul finire dell'Ottocento Bologna non rinuncia alla propria "vocazione" nottambula, anche se la vita notturna si sviluppa più dietro le tendine dei caffè o i portoni che annunciano i circoli cittadini che non nelle strade e sotto i portici densi di arcane penombre. I teatri sono ancora piuttosto rari, mentre si va affermando il cafè chantant (il "teatro della varietà" nella dimensione petroniana), importato dalla libertina Parigi in occasione dell'Esposizione emiliana del 1888.
Ed è uscendo da teatro che una ,minoranza di persone, per certi versi "eletti", entra nei caffè e nelle birrerie più alla moda e vi cena. Altri, per altri versi meno eletti, si accostano alle venditrici di grossa e di rhum sotto a portici e agli angoli delle vie e lì poetizzano o recitano fra un boccone e l'altro. Intanto gli agenti della Società del gas smorzano un fanale ogni due dando vita a singolari giochi di luce. I fiacres, autentici padroni della notte, sostano davanti ai circoli in attesa del cliente da accompagnare a casa. I cavalli, coperti da teli di lana, sonnecchiano e forse sognano ricche carrozze reali.
La vita del Circolo della Caccia scorre pacatamente nello spirito della tradizione e abbraccia le caratteristiche spirituali ed intimistiche della vecchia Bologna. Eppure nelle sue pieghe il Circolo sa coniugare anche intendimenti moderni e cerca di offrire sempre il meglio ai propri soci, sempre più numerosi, il meglio dell' aristocrazia cittadina.
Il 15 ottobre 1894, il marchese Giovanni Salina Amorini - rieletto presidente il 5 maggio 1893 - stipula col signor Francesco Vignudini un contratto di acquisto per un bigliardo nuovo delle seguenti dimensioni: 2,84 metri di lunghezza e 1,42 metri di larghezza. Il prezzo di acquisto, comprensivo degli accessori, viene fissato in 1.400 lire suddivise in sei rate, l'ultima delle quali scadrà il 15 aprile 1897. Corredano il bigliardo 12 stecche, un segnapunti a mano, due palle d'avorio del peso di 250 grammi ciascuna, cinque palle d'avorio del peso complessivo di 994 grammi, otto palle d'avorio con pallino per il gioco delle boccette del peso complessivo di 1174 grammi.
Nel contratto di acquisto viene inserita la seguente clausola «Il Circolo della Caccia si riserva la facoltà di restituire al venditore il bigliardo ed accessori dopo il termine di un anno quando lo giudichi non di sua piena soddisfazione; nel qual caso si intenderà rescisso e di nessun effetto il presente contratto, e la prima rata di lire 300 (trecento) che sarà stata pagata il 15 dicembre 1894 verrà trattenuta dal signor Vignudini a titolo di noleggio, restando in questo modo il Circolo della Caccia sciolto da qualsiasi altro obbligo verso il venditore. Resta altresì convenuto che il signor Vignudini a richiesta del Circolo della Caccia prenderà in restituzione le otto palle per boccette, purché ciò non avvenga oltre il l0 novembre prossimo - in tal caso verrà scomputata sul prezzo del bigliardo la somma di lire 60 (sessanta) residuando così il detto prezzo a lire 1.340».
Nel periodo giugno 1893 - giugno 1894 le quote sociali ammontano a 2.416 lire. Nello stesso periodo il Circolo, nella persona dell'avvocato Giuseppe Succi, stipula un'assicurazione con la Riunione Adriatica di Sicurtà per un valore di 4.500 lire. Il bigliardo viene assicurato per un anno eccezion fatta per l'avorio. Dall'assemblea convocata il 5 maggio 1893 esce la nuova direzione dei Circolo così composta:
Presidente: marchese Giovanni Salina Amorini
Vice presidente: Cesare Marchi
Economo - tesoriere: Gaetano Querzoli
Segretario: avvocato Giuseppe Succi
Consiglieri: Angelo Goretti, cavalier Pellegrino Magistrini, Ernesto Romagnoli.
I cacciatori
Nel 1889 i cacciatori della provincia di Bologna sono 3.388; altri 60 cacciano con reti e con mezzi consentiti dalla legge. Il porto d'armi e il permesso di caccia costano 12 lire. La caccia viene aperta ufficialmente il giorno 1 agosto di ogni anno e innesca una sequenza incredibile di stragi di selvaggina ma soprattutto di passeri, particolarmente nocivi alle colture agricole.
Sul finire dell'Ottocento, ma ancor più nei primi decenni del Novecento, si può dire che ogni persona che si rispetti ha un fucile col quale andare a divertirsi vicino o lontano da casa. Al tempo stesso il caffè dei Cacciatori è assurto a tempio dell'arte venatoria: qui se ne conoscono gli alti ed i bassi ma soprattutto è possibile ascoltare il racconto di imprese mirabolanti (quanto gonfiate, a volte) e le burle, il biglietto da visita di ogni cacciatore.
Quando il caffè dei Cacciatori soccombe alla rivoluzione edilizia, il suo posto viene preso dal negozio dell'armaiolo Giacinto Zanotti che diventa il "senato" del variegato mondo della caccia.
Abbiamo detto che il Circolo della Caccia nasce da un gruppo di persone appassionate cultrici della cinegetica, ovvero l'arte di impiegare i cani nella caccia, e della caccia stessa.
Il 3 aprile 1894 i soci, riuniti in assemblea, decidono di dar vita ad una sezione di tiro a volo assieme alla Società bolognese del tiro al piccione. Venti soci aderiscono immediatamente all'iniziativa e votano anche un regolamento articolato su 14 punti. Dal canto suo la Società bolognese, riunita la propria assemblea, vota all'unanimità la fusione col prestigioso Circolo della Caccia.
Tutti i soci del Circolo possono entrare a far parte della nuova sezione speciale pagando una soprattassa annuale di 15 lire; quelli della Società bolognese hanno accesso al circolo senza pagare la tassa di ingresso ma sono tenuti all'osservanza scrupolosa delle norme e degli articoli dello statuto. Anche chi non è socio del Circolo può aderire alla sezione di tiro versando una tassa annua di 30 lire ed una tassa di ammissione di 20 lire.
Il 4 gennaio 1895 vengono votate le nuove cariche presidenziali: con 19 preferenze su 31 viene rieletto presidente il marchese Giovanni Salina Amorini e l'ingegnere cavalier Cesare Marchi viene anch'egli riconfermato nella carica di vice presidente.
Economo-tesoriere è il dottor Alfredo Romagnoli; segretario l'avvocato Giuseppe Succi e consiglieri il cavalier Pellegrino Magistrini, Angelo Goretti e Ernesto Romagnoli.
Il 1895 è un anno ricco nel quale si compendiano due eventi molto importanti per la vita del Circolo: la riconferma della presidenza, fatto che non può che giovare e garantire tranquillità al Circolo stesso e ai suoi soci, e l'ennesimo trasferimento della sede sociale.
Il ripetersi dei trasferimenti testimonia in maniera inequivocabile il successo e l'affermarsi di un'istituzione che nel volgere di una manciata di anni si è connaturata alla vita e alla fisionomia petroniana assumendo non solo gli aspetti di una pura esteriorità ma vivendo anche un intimo decoro cittadino.
Ritratto
Il marchese Giovanni Salina Amorini univa le rare qualità di cacciatore e di tiratore. Come cacciatore, si esercitò sempre nella sua valle La cà di Fra, di sotto alla Vallazza. Una volta alle anatre uccise 204 capi; e si vuole che in una ventina d'anni abbia oltrepassato almeno una cinquantina di volte i cento capi, fra anatre e beccaccini.
Nella bandita del marchese Carega una volta fece cadere 60 fagiani e 10 lepri. In valle si sono contate di lui anche 416 alzavole; a Foggia 1.077 allodole. (Gaspare Ungarelli n .11 Comune di Bologna», A. XVII n. 6, giugno 1930)
Il nobil uomo conte Cesare Malvasia - Tortorelli stipula un contratto di affitto col marchese Giovanni Salina Amorini per un appartamento posto in città in via Mazzini n. 15, sotto la parrocchia di S. Bartolomeo. Il contratto ha per la prima volta una durata superiore all'anno - terminerà infatti il giorno 8 maggio 1901 - e sarà prorogato di biennio in biennio qualora «dall'una delle due parti non venga estradata la disdetta giudiziale od amichevole entro il 31 ottobre dell'anno precedente a quello fissato per la scadenza e sue proroghe». L'affitto annuo viene stabilito in 1.200 lire pagabili in due rate al domicilio del locatore entro il 19 agosto e il 24 dicembre di ogni anno.
La locazione e la conduzione è regolata dai seguenti patti «Il signor conte Cesare Malvasia vuolsi riservata la facoltà di poter risolvere il presente contratto anche prima dell'epoca fissata per la sua scadenza e proroghe, nel solo caso di vendita dello stabile affittato, e sempreché il nuovo acquirente si rifiutasse di conservare fra gli inquilini la Società Conduttrice. Nel caso quindi che tale risoluzione dovesse verificarsi il signor conte Malvasia - Tortorelli avrà obbligo di dare la disdetta entro il 31 ottobre dell'anno precedente a quello in cui la risoluzione del contratto dovrà avvenire; d'intanto si obbliga di pagare alla Società Conduttrice a titolo d'indennità o buona uscita la somma di lire 1.000 (mille) rimossa ogni esenzione in contrario».
«Rimane espressamente vietato al conduttore di sublocare o cedere ad altri sia in tutto che in parte la presente affittanza senza assoluta ed espressa annuenza in iscritto del Locatore... Ha però facoltà di sub affittare alcuni locali al suo cameriere colla famiglia a custodia dei locali stessi».
«È fatta facoltà al Conduttore di fare l'impianto delle condottazioni del gas e dell'acquedotto come pure di adattare i locali nel modo che gli piacerà, però egli avrà obbligo di darne comunicazione per iscritto al Locatore e nel caso che questi non li approvasse dovrà il Conduttore al termine della locazione restituire i locali stessi nello stato e forma in cui oggi si trovano».
«Si obbliga il signor Conduttore marchese Salina Amorini quale presidente del Circolo della Caccia di usare e godere il suddetto appartamento da uomo dabbene e da buon padre di famiglia».
«Avrà obbligo di mettere quei ripari che l'arte e la pratica consigliano onde evitare guasti ai sottostanti locali».
«In ogni anno il Conduttore pagherà direttamente alla Compagnia esercente l'Acquedotto del Setta in Bologna tutta l'acqua consumata nel proprio appartamento».
Una ricca piantina disegnata e colorata su seta è allegata al contratto di affitto e ci mostra come è la nuova sede.
Si tratta di «un appartamento al 1° piano al quale si accede mediante scale comuni con altri inquilini e da una scala di servizio di assoluto ed esclusivo uso del Conduttore che cominciando dal loggiato al piano terreno sale fino al 2° piano; questo appartamento è composto di n. 9 ambienti e cesso e terrazzo al 1° piano; di n. 4 ambienti, un corridoio, un cesso ed un granaio al 2° piano al quale si accede mediante la seconda scala di cui sopra, di n. 1 cucina completa di lavello, n. 1 stanza in un amezzato posto il tutto lungo le scale di cui sopra». Il portone di ingresso alla palazzina in via Mazzini n. 15 dovrà rimanere aperto fino all'ora di chiusura del Circolo: la chiusura verrà effettuata dal cameriere del Circolo a patto che il loggiato e le scale siano illuminate a cura della direzione. Il 2 maggio 1901 il conte Cesare Malvasia- Tortorelli concede una proroga della locazione fino all'8 maggio dell'anno successivo, data in cui sarebbe cessato il contratto senza preavviso alcuno.
Il 26 marzo 1927 viene convocata l'assemblea generale dei soci: Gazzoni si rivolge ai presenti con queste parole «Sono certo che i soci saranno lieti di trovarsi radunati in assemblea nei nuovi locali del Circolo. Se il passaggio dai vecchi ai nuovi vi ha portato qualche disagio, siete poi compensati dall'indiscussa superiorità della nuova sede, dalla perfetta disposizione dei servizi e dalla luce del sole, che qui ha la profusione con i suoi raggi, di irradiare ogni angolo delle sale. Sento quindi il dovere di ringraziare davanti a voi i miei carissimi collaboratori, commendatore Santi, dottor Vanzini ed i consiglieri tutti, per l'opera prestata». Nel corso dell'assemblea straordinaria dei soci indetta per il 17 dicembre 1933 viene votato il rinnovo del contratto di affitto dei locali e delle cose: la proprietà eleva la rata annuale a 30.000 lire in luogo delle 25.350 pagate fino a quel momento. I soci si pronunciano in maniera negativa per l'aumento ma si dicono anche disposti ad accollarsi l'onere finanziario per "i lavori" di sistemazione dei locali in vista dell'imminente fusione con il Circolo degli Scacchi.
Al n. 3 dell'ordine del giorno è infatti in discussione l'ammissione di un gruppo di persone che provengono dal disciolto Circolo degli Scacchi. Il presidente del Circolo della Caccia, il dottor commendatore ingegnere Ugo Melloni, rende noto all'assemblea che i soci di quel circolo sono entrati in trattative col consiglio direttivo per mediare una eventuale ammissione. Dopo non poche discussioni l'assemblea delibera che le due direzioni prendano i necessari accordi per la fusione dei due sodalizi.
Le condizioni prese di comune accordo sono le seguenti: ogni socio del disciolto Circolo anziché pagare la tassa di ammissione individuale, è tenuto a portare al Circolo della Caccia mobili, crediti e contanti oltre ad una scheda timbrata della vecchia direzione come "bene stare".
I soci ammessi al Circolo della Caccia sono 62 e, accolti da un caloroso applauso, sanciscono di fatto la fusione dei due circoli a decorrere dalla mezzanotte del 15 gennaio 1934.
Tre mesi più tardi i soci sono 311 compresi quelli del disciolto Circolo degli Scacchi che portano un contributo finanziario certo non indifferente, superiore alle centomila lire. La fusione fa sì che l'assemblea generale dei soci voti la possibilità di derogare alle rigide regole che erano rimaste immutate dai tempi della fondazione.
Il Circolo aprirà le proprie sale alle famiglie dei soci un paio di volte all'anno per le feste da, ballo; a tale scopo alcuni locali vengono trasformati da abili architetti del tempo, le migliori firme del settore, in un'unica grande sala arredata in stile '900. Fra le tante feste ed i ricevimenti d'onore sono rimasti memorabili quelli in onore del duca di Genova e di Umberto di Savoia il quale chiese espressamente di poter visitare i locali del Circolo.